Anche le origini di Terranera sono incerte: sicuramente non fu un borgo fortificato, ma una “villa” di Rocca di Mezzo che non si tarsferì in questo centro fortificato, nella fase dell’incastellamento, al pari di altri villaggi oggi scomparsi, probabilmente per la sua invidiabile posizione che ne fa il paese meglio esposto di tutto l’Altopiano. Le sue origini comunque si possono far risalire tra il XI e il XII secolo anche in base a quanto testimoniato da una notizia del 1180: “Tomaso, Signore di Barili e figlio di Berardo, Signore e fondatore di Rocca Odorisia (Rocca di Cambio ?), donò alla Religione Gerosolomitana e propriamente alla Chiesa di S.Pio di Campana la Chiesa di S.Niccolò vicino al castello di Rocca di Mezzo, con tutte le rendite e territori ad essa spettanti”. Questa notizia, riportata dall’Antinori, fa pensare all’esistenza di un nulcleo abitato fin da quell’epoca e la sua appartenenza al Castello di Barile situato verso la valle dell’Aterno tra la stessa Terranera, Tussillo e Castentino. Sappiamo del resto che dopo la fondazione della città dell’Aquila, intorno alla metà del XII secolo, il “Castello” di Barile, insieme ad altri che si rifiutarono di partecipare alla fondazione, venne distrutto da Corradino di Svevia, figlio di Federico II. Da quel momento Terranera venne definitivamente aggregata a Rocca di Mezzo. Alcuni ritengono addirittura possibile la presenza di un monastero dei Padri Gerosolomitani a Terranera, ma non esistono tracce o documenti porbanti a tale proposito. Nella numerazione dei fuochi del 1508 Terranera è annoverata nel “Quarto Sancti Georgi extra” come “Villa de Terra Negra” con 26 fuochi (famiglie) pari a circa 140 abitanti. Alla metà di questo secolo risale anche l’edificazione dell’attuale chiesa parrocchiale di S.Lorenzo. Il nome di Terranera si fa risalire o alla caratteristica colorazione scura dei terreni corcostanti il paese, ideale per la coltivazione delle lenticchie al pari della più famosa S.Stefano di Sessanio alle pendici del Gran Sasso, o alla presunta presenza dei Padri Gerololomitani che, provenienti dall’oriente, si vuole che fossero di carnagione scura o addirittura nera.

 

Testo di "Saluti dall'Altopiano" di Giandomenico Cifani e Liberato Di Sano